126. I test SAT non misurano niente di importante

Questa è la verità essenziale: l’unica relazione accertata tra i punteggi dei SAT di uno studente di 17 anni e il successo o la felicità di quello studente a trent’anni è una copia di come il marchio di una università famosa lo abbia aiutato a trovare un lavoro migliore nelle fasi iniziali. Copia? Sicuramente. Perché normalizzando la fama di una università a breve termine, i punteggi senza senso dei SAT conducono ad una altrettanta (se non di più) felicità nel vivere, stipendio, abilità nell’essere un leader, etc.

Il circolo vizioso che si forma, naturalmente, è che la fama di un’università determina il numero degli studenti che si applicano, il quale a sua volta determina la “selettività” (attentamente messo tra virgolette), la quale a sua volta alza il tipico punteggio SAT dei nuovi studenti.

Kiplinger’s, generalmente una rivista basata sulla realtà dei fatti, ha classificato le “migliori” cinquanta università negli Stati Uniti. I criteri erano: la percentuale di ammissione, la capacità di tenere gli iscritti al primo anno e i laureandi (capacità ritentiva), e gli studenti per ogni membro della facoltà.

Come abbiamo visto, la percentuale di ammissioni non è niente se non una misura di quanto famosa è l’università, di quanto è capace a ricevere applicazioni. Questa è la chiave per la quale molte università di medio livello (ecco qui un altro modo di classificare) spendono una fortuna per raggiungere gli studenti delle scuole superiori. Fanno campagne di e-mail dirette per aumentare le iscrizioni in modo da aumentare le loro statistiche che a loro volta aumentano le loro percentuali che portano a più iscrizioni perché ora sono famose.

E per quanto riguarda la capacità ritentiva? Beh, se una scuola dicesse ai suoi studenti la verità e gli desse gli strumenti per procedere e aver successo nel mondo reale, potreste immaginarvi che più studenti finirebbero con il lasciare l’università per immergersi nel mondo reale, no? Se la capacità ritentiva è una metrica chiave sull’agenda dei leader dell’università, non sarei sorpreso nel vedere dei voti più alti, delle strutture bellissime, e più di tutto, un isolamento da quello che sarà utile nel mondo reale. Perché lasciare? Voglio dire, come potresti andartene?

Per essere chiari, è totalmente possibile che alcuni studenti trovino un beneficio incredibile dopo aver frequentato quattro anni di università. O sei. O forse tre. Ma misurare la ritenzione come modo per decidere se una università sta facendo un buon lavoro è stupido: se gli studenti abbandonano prima, mi piacerebbe sapere dove stanno andando. Se stanno lasciando l’università per fare un lavoro produttivo e sono soddisfatti con quello che hanno imparato, io lo considererei una vittoria, non un fallimento.

L’ironia più grande di tutte è che il debito medio di uno studente che lascia una delle cinquanta migliori università è meno di 30.000$. Princeton, al primo posto, ha un debito medio di meno di 6.000$. No, le scuole famose non stanno imponendo ai loro laureati un debito per tutta la vita, una cosa che ti rovinerebbe. In realtà, sono le scuole di secondo, terzo e quarto livello che non hanno le risorse per offrire un aiuto che possa fare la stessa cosa.

Le scuole con punteggi minori sono meno famose, e alla fine sono più costose (meno aiuti) e, poiché molte di queste faticano ad essere nella lista delle cinquanta scuole migliori, nessuna di loro offre quelle caratteristiche che Loren Pope tanto apprezza.

Una trappola, causata dal potere del marketing e dalla profondità dell’insicurezza dei genitori ben intenzionati cresciuti in un mondo industrializzato.